LETTERATURA ITALIANA
Realismo, Verismo, Naturalismo

Verso gli ultimi decenni dell’Ottocento, il Romanticismo cede il posto alla vasta corrente che prende il nome di Realismo, che si diffonde in tutta Europa con nomi e caratteristiche diverse. Il movimento discende dal Positivismo, corrente prevalentemente filosofica, che sostiene che la sperimentazione scientifica è alla base del sapere, in quanto può spiegare tutto, persino concetti astratti come l’amore, che diventa elemento della natura. In Francia l’esponente maggiore è Auguste Comte, in Inghilterra Herbert Spencer, e in Italia Roberto Ardigò. I letterati che sono contrari a questa corrente danno nascita a diversi movimenti, che esprimono la crisi della ragione e dell’uomo moderno, e che si possono riassumere col termine Decadentismo. Tra coloro che invece operano sulla scia del Positivismo, vi sono i teorici del materialismo storico, Marx  ed Engels, e gli scrittori naturalisti francesi, tra cui Balzac e Zola, che analizzano i bassi ceti sociali dell’ambiente cittadino, e i veristi italiani, cioè Emilio de Marchi, per il settentrione, e Matilde Serao, Luigi Capuana, Federico de Roberto e soprattutto Giovanni Verga per ciò che riguarda la fiorente attività letteraria nel meridione.  I veristi, a differenza dei naturalisti, rappresentano la realtà delle loro regioni, e i protagonisti dei loro romanzi non hanno nessuna fiducia nell’ideale positivista del progresso. Per questi motivi gli scrittori veristi vengono accusati di provincialismo dagli esponenti della corrente decadente; ma essi si difendono sostenendo di conoscere fino in fondo la realtà delle loro terre, di cui analizzano i fatti e i personaggi in maniera assolutamente impersonale, attraverso gli strumenti della descrizione e del dialogo.

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