LETTERATURA ITALIANA
Giovanni Verga: Nedda (1874)

RIASSUNTO
La novella si apre con la descrizione del caminetto di fronte al quale Verga è seduto: il focolare gli ricorda quello della fattoria del Pino, dove lavorano le raccoglitrici di olive, tra cui Nedda, la giovane protagonista. La ragazza, sostiene Verga, è “bruna, vestita miseramente, dall’atteggiamento timido e ruvido, a causa della miseria e dell’isolamento”; lavora per procurarsi i soldi con cui curare la madre, malata e in fin di vita, da cui si reca ogni sera mentre le altre raccoglitrici cenano in serenità con la “castalda”, la governante. Le raccoglitrici vengono pagate a fine settimana a seconda delle ore effettivamente lavorate: una settimana piovosa quindi produce un salario magrissimo, in quanto le lavoratrici sono costrette a ripararsi nelle stalle o nelle cucine. Mentre Zio Giovanni aiuta Nedda ad accudire la madre morente, la ragazza conosce e si innamora di Janu, un ragazzo povero e affetto da malaria. Nedda non può sposarlo a causa del lutto e della sua povertà, per cui lavora presso lo zio per costruirsi una dote. Ma Janu cade da un albero, e muore: Nedda, che nel frattempo era rimasta incinta del ragazzo, è scartata dalla società, che la considera una peccatrice. La bambina che nascerà sarà rachitica e morirà di stenti dopo pochi mesi: Nedda rimarrà sola per il resto della vita.
ANALISI
A differenza del personaggio manzoniano di Lucia, la cui rassegnazione è illuminata dalla fede, Nedda non conosce alcuna speranza, in quanto è cosciente che la vita è dolore e rassegnazione. La novella, la prima scritta dal “Verga verista”, differisce dalle altre per diversi aspetti: la parte iniziale è prolissa, troppo artificiosa e complicata, così come il ritratto della protagonista; lo scenario è staccato dai personaggi, il linguaggio non è quello realmente parlato dai personaggi e vi sono spesso osservazioni di tipo moraleggiante, ad esempio circa la critica della società contadina.

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