Giuseppe Tomasi, principe di Lampedusa, nato a Palermo nel 1896, fu uomo di vasta
e raffinata cultura ma ebbe solo occasionali contatti con gli ambienti letterari.
Partecipò alla prima guerra mondiale e intraprese la carriera militare, ma si dimise
nel 1925 in seguito all'instaurarsi del regime fascista. Trascorse il resto della
sua vita tra studi e viaggi all'estero in una sdegnosa indifferenza verso l'Italia
ufficiale. Compose questo testo tra il '55 ed il '56. Morì a Roma nel 1957.
Tra il 1860 ed il 1862 in Sicilia ci fu una gran burrasca, poichè l'arrivo dei Garibaldini
per liberare la Sicilia dal Regno Borbonico causò sanguinose guerre.
Questo accadde anche a Donnafugata, piccolo paesino siciliano, dove si scatenò
una guerra contro le truppe comandate da Giuseppe Garibaldi.
Alla vincita di Garibaldi sui Borboni il paese dovette affrontare un plebiscito
ed il principe Don Fabrizio Salina vide la sua classe sociale, quella dei Gattopardi,
svanire piano piano sempre di più. I risultati del plebiscito, annunciati dal sindaco-truffatore
Don Calogero Sedara, un uomo poco istruito e certamente acquisito ingiustamente dalla
classe nobiliare, fecero risultare tutto il popolo siciliano favorevole all'annessione
al Regno d'Italia.
Don Fabrizio Salina, preoccupato ed afflitto dalla situazione verificatasi,
un giorno parlò con Don Ciccio, mentre andavano a caccia, dell'accaduto; quest'ultimo
rivelò al principe che il suo voto era stato un "no" e ciò insospettì
il principe rendendo la discussione più interessante. Don Ciccio espose all'amico la sua
disapprovazione sul personaggio del sindaco, sulla sua disonestà e ingiustizia verso
il popolo siciliano, citando alcuni riferimenti alla buona fede della sua famiglia
ed al suo attaccamneto al Regno Spagnolo lodando la figura della regina Isabella di Spagna.
Tancredi, nipote del principe Salina, nel frattempo, tradì, in un certo qual modo,
la classe dei Gattopardi passando dalla parte delle truppe Garibaldine poichè fermamente
convinto del fatto che solo una repubblica avrebbe potuto portare alla Sicilia qualche
buon frutto.
Lo zio non fu però dello stesso parere e qui si fece riferimento al coloquio
avuto con il messo piemontese Chevalley che propose al principe la carica di senatore.
Questo però rifiutò poichè convinto che la sua Sicilia non avrebbe mai potuto avere
futuro dato che per secoli e secoli si furono intermediati governi e regni che fecero
sì che la Sicilia fosse una colonia ed una terra di conquista. Per lui i Siciliani
stavano vivendo in un sogno che fece nascondere loro la realtà di un popolo che non
avrebbe voluto, nè avrebbe fatto nulla per cambiare la propria situazione. L'annessione
al regno d'Italia perciò secondo Don Fabrizio non avrebbe cambiato nulla.
Tancredi volle la mano di Angelica, la figlia del Sindaco, e lo zio incominciò a scrivere
al padre per chiedere la sua approvazione sul matrimonio. Quest'ultimo organizzò
un ricevimento di presentazione del matrimonio tra la figlia e Tancredi, a cui parteciparono
tutti i più ricchi rappresentanti siciliani; al ballo fu presente anche Concetta,
vecchia "fiamma" di Tancredi, che detestò la presenza della bella e giovane Angelica,
poichè ritenuta poco signorile e irrispettosa per essere una donna all'altezza di Tancredi.
Angelica in effetti appare come una ragazza fuori dal comune il cui comportamento
allude ad una sfacciataggine inaudita per quei tempi, sopratutto per una figura di
una signorina nobile ed aristocratica.
Oltre a Concetta, tra gli ospiti spiccò anche il Colonnello Pallavicino che vinse
trionfalmente contro Garibaldi sull'Aspromonte. Angelica ed il principe si concessero
un ballo, dopodichè Don Fabrizio osservò un quadro che gli fece venire in mente la
figura della morte.
Pallavicino, chiamato dal dovere, salutò ospiti e festeggianti e se ne andò ad
uccidere i dissertatori della sua truppa che lo avevano tradito e si erano alleati
con Garibaldi. Alla fine anche il principe lasciò il ballo con l'amaro in bocca e con
l'assiduo pensiero della morte mentre Tancredi ed Angelica incominciarono la loro
vita matrimoniale.
Don Fabrizio Salina: è un uomo estremamente legato alla sua Sicilia, molto
ricco e certamente ben istruito. Appare come pessimista per la situazione del suo popolo
ma fondamentalmente è un uomo molto realista.
Tancredi: è un uomo poco stabile nelle sue scelte: prima legato alle idee
dello zio, cambia poi completamente idea alleandosi con i Garibaldini. E' un uomo nobile
ed usa il suo potere per attirare a sé la dolce Angelica, determinato nell'intenzione
di sposarla e di averla come moglie a vita.
Angelica: figlia del Sindaco-truffatore è, come del resto il padre, un nobile
acquisita che non possiede certamente lo stile ed il portamento di una giovane signorina
aristocratica.
Don Calogero: padre di Angelica, è un uomo disonesto e non certo un galantuomo.
Dal modo di fare decisamente poco nobile, appare come uno degli uomini che ha imbrogliato
i risultati del plebiscito e quindi il popolo siciliano.
Concetta: è la cugina di Tancredi di cui è innamorata e per questo detesta
la presenza della giovane Angelica, nonostante la consapevolezza dell'amore di Tancredi
verso la sua rivale; appare come una ragazza molto determinata e forte.
I temi affrontati sono stati: l'arrivo di Garibaldi e la situazione di scompiglio nel paese,
il plebiscito, la truffa dell'amministrazione llocale, la disapprovazione del principe
ed il suo sconforto, la mancanza di stabilità del giovane Tancredi, il fondamentale
colloquio tenutosi tra Chevalley ed il principe, il ballo ed il matrimonio tra i due giovani.
Più rilevanti sono ancora: l'ascesa della classe borghese ed il trasformismo della
classe aristocratica meridionale.